Il potere del perdono – Nuove tecniche – corso di formazione 13 e 14 gennaio

Published by Marcella di Martino on

Prima di iniziare ad approfondire le mie conoscenze sul processo del perdono, ero molto scettica e prevenuta. Avevo una vera e propria resistenza dal punto di vista mentale.

Quando riconosciamo di avere subito un torto, la cosa più naturale per la maggior parte di noi è attaccarci a questo stato d’animo e rinsaldare il nostro diritto al risarcimento.

Spesso vogliamo che anche gli altri siano solidali con noi, e che ci riconoscano il nostro status di vittima. In alcuni casi gravissimi come violenze, stupri, è anche comprensibile che ci sia questa sorta di difesa. Perché perdonare? Già: perché perdonare? Queste parole risuonavano nella mia mente, mentre approcciavo curiosa alla letteratura sul tema e riflettevo sul significato etimologico della parola: per dono, ossia il massimo del dono.

Innanzitutto mi sono accorta di essere legata ad un concetto di perdono di tipo cristiano: “ti perdono perché sono buona” oppure “ti perdono perché è una cosa giusta”. Questo è molto lontano da come il perdono viene interpretato negli studi più recenti. Il perdono di vecchio stampo è un movimento interiore dove c’è una persona che, perdonando un’altra, è come se si ponesse su un piano di superiorità: ti perdono perché sono migliore di te.

Le nuove teorie scardinano completamente questo approccio e si basano invece su un approccio sistemico, che prende in prestito diversi assunti dalle costellazioni familiari.

Negli ultimi sei anni ci sono stati moltissimi studi scientifici, che hanno portato il processo del perdono in ambito clinico.

Secondo le ultime ricerche, infatti, il perdono contribuisce ad abbassare la pressione arteriosa, migliora la qualità del sonno, diminuisce il rischio di abuso di alcool o di sostanze, consente di avere relazioni interpersonali più soddisfacenti, diminuisce il rischio di sintomatologia ansiosa e depressiva. Per sintetizzare tutti i dati delle ricerche ad oggi disponibili, si potrebbe dire che perdonare migliora la qualità della vita.

Il “ruminare”, invece, si rivela piuttosto dannoso per la salute: è come se ci si focalizzasse in modo passivo e ripetitivo sulle caratteristiche negative di un evento, senza che questo porti mai ad una risoluzione di alcun tipo. Ruminare sulle cause della propria rabbia prolunga la rabbia, così come ruminare su un’offesa ricevuta aumenta la probabilità di vendicarsi e di dare l’avvio a cicli di offese e vendette senza fine.

Le ricerche del prof. Petrini dell’Università di Pisa, hanno dimostrato come nel perdono si attivi un network di aree celebrali di eccezione, che sono quelle dei sentimenti più alti e “illuminati”. Il perdono è, infatti, un vero e proprio elevato processo sociale anche dalla prospettiva del cervello. Attraverso la risonanza magnetica funzionale su un campione di persone, si è visto che si attivano queste aree celebrali:

la corteccia prefrontale, che si attiva quando siamo capaci di trasformare le difficoltà in risorse, ridefinendo le esperienze negative in opportunità di crescita;
la corteccia parietale inferiore, associata con l’empatia matura, sviluppata nel processo di perdono;
il precuneo, che si attiva quando sperimentiamo l’abilità di cambiare la nostra prospettiva assumendo l’informazione necessaria a superare il conflitto.

La maggior parte degli studi effettuati fino ad oggi si sono focalizzati sulle differenti funzioni manuali relazionate al perdono, come l’empatia, la self compassion e il processo decisionale (decision making) ma, anche se tutte queste funzioni e processi sono inclusi nell’azione del perdonare, non lo definiscono completamente.

Si può perdonare un’altra persona, si può perdonare una parte di sé, o anche una malattia. Questo grande movimento interiore restituisce un senso diverso.

Durante il corso del 13 e 14 gennaio, faremo un lavoro sulle emozioni che sarà indispensabile per poter sperimentare le nuove tecniche di perdono. Ognuno potrà lavorare gradualmente sui temi che gli stanno più a cuore, facendo, di volta in volta, i passi che si sente di fare in quel momento.

Il primo beneficio tangibile sarà un senso rinnovato di libertà e di leggerezza interiore.


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